La Tenuta Presidenziale di Castelporziano, dista circa 25 Km dal centro di Roma e si estende su una superficie di 60 Km2 (circa 6000 ettari) comprendendo alcune storiche tenute di caccia quali “Trafusa, Trafusina, Riserve Nuove e Capocotta”.
La Tenuta è delimitata a Nord-Ovest dalla via Cristoforo Colombo, a Nord-Est dalla S.S. Pontina, a Sud-Est da via Pratica di Mare e per il resto del perimetro dal Mar Tirreno, su cui affacciano 3 chilometri di spiaggia incontaminata.
La Tenuta di Castelporziano
A Castelporziano sono presenti diversi ecosistemi costieri tipici dell’ambiente mediterraneo. Dal mare verso l’entroterra si susseguono spiagge sabbiose, dune recenti popolate da piante pioniere e colonizzatrici che svolgono un’azione attiva di consolidamento del suolo, dune antiche stabilizzate con zone umide retrodunali e aree di macchia arricchite da sempreverdi aromatiche. Si passa alla lecceta, intercalata nei siti più umidi dal bosco misto planiziale consociato puntualmente con la sughereta. Si incontrano poi i pascoli per gli allevamenti del bestiame brado e le aree per le coltivazioni estensive dei cereali ad uso zootecnico.
La maggior parte dell’estensione è occupata dal bosco planiziale igrofilo (bosco di pianura legato ad ambienti umidi), caratterizzato dalla presenza di querce sempreverdi e caducifoglie e da specie più prettamente igrofile, in prossimità delle zone umide.
È questo uno degli ultimi lembi ad elevata biodiversità di quelle vaste foreste e dei boschi che un tempo, nell’antichità, si estendevano lungo tutta la costa laziale.
La pineta di pino domestico, fino a pochi anni fa estesa per 1000 ettari in formazioni pure e miste, è oggi ridotta a pochi gruppi sparsi nelle zone più impervie, a causa dell’infestazione da Toumeyella parvicornis (c.d. cocciniglia tartaruga) che ha decimato i popolamenti di pino dell’Italia tirrenica centro meridionale.
Un grande progetto di restauro forestale, già avviato, consentirà tra pochi anni il ritorno del querceto misto nelle diverse sfumature legate alle caratteristiche pedologiche, tornando a restituire a Castelporziano la copertura forestale che l’ha resa unica nel panorama del bacino Mediterraneo.
La mescolanza di querce autoctone annovera tra le sempreverdi il leccio, la sughera e la quercia crenata, ibrido tra cerro e sughera; tra le querce caducifoglie il cerro, la farnia e il farnetto, accompagnate nelle forre più umide e fresche dal pioppo, dal frassino ossifillo, dall’acero, e dai carpini bianco e orientale.
Il sottobosco è ricco di piante aromatiche: corbezzolo, cisto, erica, ginepro, lentisco, mirto, fillirea, alloro, alaterno e ginestra.
Negli ambienti meno accessibili la foresta è ricca di esemplari vetusti e di alberi monumentali. Questi ultimi sono oggetto di segnalazione puntuale e costante monitoraggio; il censimento 2025 ha registrato 22 alberi monumentali appartenenti a 5 specie diverse.
Dal punto di vista biologico ed ecosistemico sono di particolare interesse le “piscine”, specchi di acqua naturale che testimoniano l’antica presenza di ambienti umidi, di boschi allagati e di paludi che un tempo si estendevano sino alla pianura pontina verso Sud e sino alla Maremma verso Nord.
Alla grande varietà della vegetazione corrisponde un’analoga ricchezza di specie animali.
I numerosi ungulati che vivono allo stato selvatico sono rappresentati principalmente da cinghiali, daini e caprioli, mentre è modesta la presenza del cervo. Insieme agli ungulati la foresta è popolata da numerosi altri mammiferi: la volpe, il riccio, fra i mustelidi la martora, la faina, e il tasso, tra i roditori l’istrice e tra i lagomorfi la lepre italica e il coniglio selvatico. Recentemente ha fatto ritorno il lupo, uno dei grandi mammiferi italiani all’apice della piramide alimentare peninsulare.
Di particolare interesse zoologico il cinghiale, che presenta una popolazione tra le più pure geneticamente tra quelle originarie dell’Italia continentale, il capriolo attribuito alla sottospecie italica (originario del centro-sud Italia e riconosciuto come unità tassonomica distinta dal capriolo europeo) e la lepre italica.
A Castelporziano trovano rifugio numerose specie ornitiche, sia stanziali che migratorie. Il querceto ospita picchi di varie specie, ghiandaie e rapaci notturni come la civetta, l’allocco ed il barbagianni; fra quelli diurni la poiana, il gheppio e lo sparviero. Fra gli uccelli di passo si segnalano molte specie svernanti come il colombaccio e la beccaccia mentre, attratti dagli ambienti umidi, anatidi, limicoli e trampolieri popolano le pozze e gli invasi temporanei. In primavera l’avifauna si arricchisce di specie quali il rigogolo, la tortora, il nibbio bruno e molte specie di insettivori.
A Castelporziano è attiva una stazione di inanellamento ed analisi dell’avifauna migratoria finalizzata all’identificazione ed allo studio degli uccelli migratori.
Da rimarcare la presenza di rettili, tra cui la tartaruga palustre, anfibi, insetti e crostacei acquatici tipici delle “piscine” e specie legate al ciclo di decomposizione del legno morto, soprattutto grandi coleotteri associati agli alberi vetusti o infeudati sulla vegetazione mediterranea e sui sistemi spiaggia-duna.
Gli allevamenti degli animali domestici costituiscono una componente rilevante del paesaggio tipico della campagna romana. Castelporziano, infatti, assicura la salvaguardia di equini e bovini di razza maremmana, quasi in via di estinzione, allevati allo stato brado e accuditi dai butteri, secondo la tradizione secolare.
Particolare cura è rivolta alla selezione genetica ed al mantenimento dei genomi tipici, ciò che consente agli esemplari della Tenuta di Castelporziano di ben figurare nelle principali esposizioni e rassegne di settore.
Le zone coltivate, storicamente lavorate ed indirizzate per assicurare dei raccolti intensivi, sono oggi considerate come parte integrante dell’ambiente e del paesaggio dell’agro romano. I 650 ettari riservati a pascolo e colture non intensive assicurano la produzione di cereali e foraggi, utilizzati per gli allevamenti zootecnici.
Nel tempo le misure di salvaguardia si sono progressivamente intensificate, al fine di tutelare il valore naturalistico di questo unico polmone verde in un territorio densamente antropizzato ed urbanizzato, che ha assunto una rilevanza ambientale sempre crescente.
Nel 1977 l’attività venatoria è stata vietata, nel 1985 è stata realizzata l’annessione dell’area di Capocotta, circa 1000 ettari, salvata dalla speculazione edilizia, e nel 1999 la Tenuta è stata riconosciuta Riserva Naturale dello Stato, assoggettata a un regime di tutela secondo i criteri propri delle aree naturali protette. In linea con questi obiettivi, è stato realizzato nell’area di Capocotta un Museo della Storia e della Natura per favorire gli approfondimenti della didattica e dell’educazione ambientale.
Al fine di tutelare con la massima attenzione i delicati equilibri degli ecosistemi naturali, sono stati istituiti un Consiglio scientifico e un Comitato di coordinamento interistituzionale per supportare e valorizzare la gestione del Compendio.
Fin dal 1995 è stato attivato un programma di monitoraggio ambientale in collaborazione con enti di ricerca ed istituti scientifici, teso all’analisi temporale di alcuni fondamentali parametri ambientali. Vengono rilevati gli agenti inquinanti, la consistenza organica dei suoli, i livelli della falda freatica, le caratteristiche delle acque sotterranee e della salinità, lo stato di conservazione del patrimonio forestale, la consistenza delle popolazioni faunistiche, i valori termo-pluviometrici.
I dati del programma di monitoraggio ambientale sono messi a disposizione della comunità scientifica, trasformando la Tenuta in un living lab in ambito mediterraneo.
Castelporziano viene segnalata dal mondo scientifico come un’area unica di elevato valore naturalistico per l’alto livello di biodiversità, in considerazione della complessità degli ecosistemi forestali, della notevole ricchezza floristica (circa 1200 specie) e faunistica (oltre 3500 specie) e della presenza delle piscine naturali, ambienti umidi temporanei e permanenti. Tale ricchezza biologica e la presenza di numerose specie ed habitat di interesse comunitario hanno consentito l’inserimento di Castelporziano nella rete Natura 2000, definita dalle direttive comunitarie, attraverso l’individuazione di aree ZSC (Zona Speciale di Conservazione) e ZPS (Zona di Protezione Speciale).
Il percorso di tutela e valorizzazione delle risorse naturali si è arricchito nell’ultimo quinquennio di importanti riconoscimenti legati alla sostenibilità della gestione forestale. Nel 2020 la Tenuta di Castelporziano ha ottenuto la certificazione di Gestione Forestale Sostenibile a marchio PEFC (Programme for Endorsement of Forest Certification schemes), diventando la prima foresta certificata della Regione Lazio.
La Tenuta di Castelporziano racchiude parte di un vasto territorio anticamente conosciuto come Laurentino, dalla città di Lavinio - Laurento, legata alle vicende leggendarie dello sbarco di Enea nel Lazio, ed è compreso tra le propaggini dei Colli Albani, la pianura del delta Tiberino ed il mare.
Frequentato dall'uomo già in età preistorica, il territorio, a partire dalla prima età del Ferro (IX sec. a.C.), è occupato da insediamenti di tipo abitativo che dall'età arcaica (VIII - VI sec. a.C.) si stabilizzano con un progressivo processo di formazione urbana, collocandosi prevalentemente su rialzi collinari a controllo delle vie di comunicazione naturali, raggiungendo, come nel caso dell'abitato di Decima, notevole fioritura.
Con il consolidarsi della potenza di Roma (IV - III sec. a.C.) l'intero territorio laurentino si arricchisce di strutture edilizie di tipo rustico, ville e residenze utili all'organizzazione agricola del comprensorio, mentre si vanno delineando in forma definitiva i principali assi viari: le vie Laurentina e Ostiense.
A partire dalla seconda guerra punica e, più intensamente, in età tardo repubblicana (II - I sec. a.C.) iniziano a svilupparsi, presso l'antica linea di costa, insediamenti marittimi costituiti da ville appartenenti a personaggi di spicco dell'aristocrazia romana, edificate in un territorio assai prossimo a Roma, già fortemente connotato dalla presenza della città di Ostia con il suo porto.
In età imperiale si intensifica l'edilizia residenziale di tipo signorile con l'edificazione di numerose ville, tra cui le fonti storiche ricordano quella di proprietà della famiglia imperiale e quella dello scrittore Plinio il Giovane.
Le ville, per ciò che concerne i servizi essenziali, si appoggiano ad un piccolo borgo, il Vicus Augustanus, sorto in età augustea ed attivo fino alla tarda antichità. Il complesso degli insediamenti costieri è messo in comunicazione con Roma attraverso un composito sistema viario costituito oltre che dalle vie Ostiense, Laurentina e dalle loro diramazioni, dalla Via Severiana, antico sentiero lungo costa che fungeva da collegamento tra il sistema portuale Ostiense ed il Latium Vetus costiero.
Con la fine dell'Impero Romano il territorio passa tra i beni della Chiesa ed è noto fin dal V sec. d.C. come proprietà della basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Al X sec. d.C. è databile la costruzione del primo centro fortificato sul luogo dell'attuale Castello, mentre la proprietà risulta dei monaci di San Saba fino al 1561. Con la soppressione dell'abbazia di San Saba, per disposto di Papa Pio IV, il comprensorio di Castelporziano passa tra i beni dell'Ospedale di Santo Spirito.
Nel 1568 il possedimento è venduto alla famiglia fiorentina del Nero che ne conserva il possesso fino al 1823, anno in cui viene acquistata dal duca Vincenzo Grazioli; nel 1872 la Tenuta viene acquistata dal Ministro delle finanze, Quintino Sella, per lo Stato Italiano, al fine di destinarla a tenuta di caccia del Re.
Dal 1948 la Tenuta di Castelporziano fa parte della dotazione del Presidente della Repubblica, insieme al Palazzo del Quirinale e a Villa Rosebery a Napoli.
Le ville di età romana edificate nel territorio laurentino appartengono ad una duplice tipologia caratteristica delle residenze extraurbane: complessi di tipo rustico, destinati alla produzione agricola, e ville d’otium signorili, intese principalmente come luogo di riposo fisico e mentale.
Delle prime residenze vi sono tracce presso la valle di Malafede e sulle alture prospicienti; delle seconde, che si susseguivano quasi senza soluzione di continuità lungo l'asse costiero della via Severiana, sono in luce presso la costa moderna notevoli resti che testimoniano la loro monumentalità e la ricchezza degli apparati decorativi, costituiti da pavimenti a mosaico, pitture e rivestimenti marmorei.
Dopo la disgregazione dell'organizzazione territoriale conseguente alla caduta dell'Impero Romano e le turbinose vicende storiche dell'età post-classica, in età alto-medievale il territorio circostante Roma è in gran parte latifondo della Chiesa. A quest'epoca risale, per il territorio laurentino, la creazione della Domusculta Laurentum creata da papa Zaccaria (741 - 752 d.C.) per l'organizzazione agraria, sociale e religiosa del comprensorio.
Con le mutate condizioni politiche generali, a partire dal X - XI secolo sorge il primitivo nucleo del Castello, una torre intorno alla quale va progressivamente a formarsi un nucleo edilizio racchiuso all'interno di un recinto fortificato, che nel sec. XIV verrà riconosciuto e citato come castrum. Nella cartografia seicentesca (ad esempio il Catasto Alessandrino del 1660) il Castello è raffigurato come una fortificazione di forma quadrangolare con torrioni angolari, doppio portone di accesso, coronamenti e merlature. Ampiamente rimaneggiato ad opera dei Grazioli (1823 - 1872), attualmente si presenta con un perimetro quasi raddoppiato rispetto all'impianto originario. Il piano nobile del Castello conserva oggetti d’arredo risalenti al periodo sabaudo provenienti in gran parte dal Quirinale, dalle principali regge preunitarie e, in parte minore, dagli acquisti effettuati direttamente dai Savoia. Nonostante l’estrema eterogeneità degli arredi del piano nobile, si possono individuare come filoni tematici principali la celebrazione della famiglia Savoia e la caccia.
Elemento caratteristico del borgo è l’area verde a sistemazione giardiniera, gli Horti della Regina. Classico esempio di giardino all’italiana, nella parte più alta si trova un grande mosaico del II secolo d.C. al centro del quale spicca un maestoso cavallo realizzato dal maestro Ceroli, parte della collezione del progetto “Quirinale contemporaneo”. Gli Horti conservano al loro interno un agrumeto, una limonaia a spalliera e una “montagnola” in cui proprio la Regina amava passare i suoi momenti di tranquillità.
All’interno del giardino trovano collocazione anche alcuni alberi e arbusti frutto di donazioni alla Presidenza, ai quali sono associate targhe commemorative che al tempo stesso riportano i principali caratteri botanici.
Il Museo storico archeologico, allestito in un edificio all’interno del, raccoglie oltre duecento reperti provenienti dagli scavi archeologici effettuati nella Tenuta di Castelporziano a partire dalla seconda metà dell'800. Il percorso museale, articolato in varie sale, presenta una serie di reperti ordinati per contesti monumentali di appartenenza ed esposti in ordine cronologico.
Tra i numerosi materiali si segnalano, per il loro rilevante valore storico, documentale e artistico, due tombe con ricco corredo funerario appartenenti alla necropoli dell'abitato di Castel di Decima (VIII sec. a.C.) e parte di un soffitto dipinto di età romana proveniente dall'area della villa imperiale di cui sono stati individuati cospicui resti in località Tor Paterno.
La “Loggia delle carrozze” e il “Padiglione delle carrozze” conservano i legni utilizzati dalla corte sabauda per le cacce reali, nonché carrozze per le passeggiate nei viali della Tenuta e mezzi agricoli per il lavoro nei campi. I grandi Break e gli Hunting-break erano i legni principali per condurre gli ospiti sui terreni della caccia. Inoltre sono presenti anche carrozze sportive, solide e veloci, come i Phaeton e gli Spider-Phaeton. Ugualmente importanti sono i Break wagonette, utilizzati per accompagnare gli ospiti nel sito prescelto per la caccia reale e per addestrare i cavalli. Oltre alle carrozze adibite alla caccia molti sono i legni usati dalla Regina per recarsi ai siti archeologici: si tratta sia di calessi di varie tipologie che di eleganti Vis à Vis con i quali le dame accompagnavano la sovrana. Particolarmente importante è l'esemplare esposto per le passeggiate in campagna, "per servizio delle reali principesse" come si legge negli antichi inventari. Presenti anche legni da lavoro nei campi e carretti dove si deponevano le prede uccise durante la battuta.
Alla collezione nel Padiglione delle carrozze sono state aggiunte due autovetture: la Fiat 513 Mod. 4 “Saetta del Re” e la Lancia Flaminia 335, realizzata da Pininfarina proprio per la Presidenza della Repubblica.